27 January 2011 ~ 0 Comentarios

In Latinoamerica giocano con il fuoco

In Latinoamerica il pericolosissimo gioco è a tra: Iran, Venezuela e Brasile.
L’Iran pretende mettersi a capo del mondo islamico. Per questo, i persiani hanno bisogno di armi nucleari e di formare un fronte internazionale ampio di appoggio che compensi il malcontento che suscitano nel mondo arabo. Scoprire, attraverso wikileaks, che l’Arabia Saudita ha chiesto ai nordamericani di distruggere le istallazioni nucleari iraniane prima che fosse troppo tardi, certamente li preoccupa.
In questo piano bisogna collocare il violento antisemitismo e antiisraelismo propiziato dall’Iran.
Presumono possa essere una causa che galvanizzi il mondo islamico. Capeggiarla collocherebbe il regime degli ayatollà alla testa di questo confuso agglomerato di petrolio e dittature che conformano l’universo maomettano. Per questo pagano, addestrano e incitano senza ritegno, i terroristi di Hezbolà. Teheran non desidera nascondere il suo appoggio a questa organizzazione impegnata a distruggere Israele e a “gettare gli ebrei” al mare. Non desidera neppure evitare che si sappia che i suoi diplomatici a Buenos Aires hanno demolito AMIA e ucciso 85 innocenti. Vuole che si sappia. Nel rarefatto piccolo mondo del radicalismo islamico questo crimine concede un particolare prestigio.
Hugo Chavez persegue fini paralleli. Cerca per se stesso e per il Venezuela, con la direzione e la complicità della Habana, creare una opzione antioccidentale simile a quella presentata dall’ URSS e i suoi satelliti fino al 1991, quando è sparito il mondo comunista europeo. Questo delirante piano è sorto dalle molteplici conversazioni sostenute da Chavez e Castro dopo il fallito golpe militare venezuelano dell’aprile 2002 e l’estate 2006 quando il Comandante si ammalò gravemente.
Fidel, che viveva rimuginando la sua frustrazione per la caduta del Muro e la fine del progetto politico sovietico di conquista planetaria, persuase Hugo Chavez che quel ruolo abbandonato dai moscoviti potevano e dovevano disimpegnarlo La Habana e Caracas perchè il dilemma era semplice:” O si espandeva il progetto rivoluzionario o l’imperialismo nordamericano l avrebbe asfissiato”. Hugo Chavez e non suo fratello Raul, troppo pragmatico e realista, era il perfetto erede per portare avanti i piani.
Fu il cubano a convincere il venezuelano che dovevano fare affidamento sull’Iran e sulle sue possibilità di sviluppo nucleare. Il possedere armi nucleari era vitale per la sopravvivenza di questa nuova URSS che stavano progettando, come lo dimostrava il caso della Corea del Nord. Erano le armi nucleari e i missili in grado di lanciarle quello che rendeva invulnerabile il governo della Corea del Nord. Questo è il significato profondo della frase pronunciata pubblicamente da Fidel a Teheran nel 2002: L’Iran e Cuba potevano mettere in ginocchio gli Stati Uniti.
Come paga la sua collaborazione l’asse Caracas-La Habana all’Iran? Paga fomentando i legami tra la dittatura teocratica degli ayatollà con paesi come il Brasile, l’Equador, la Bolivia e il Nicaragua. Paga con stridenti dimostrazioni di antisemitismo e antiisraelismo. Paga comprando sul mercato internazionale i componenti elettronici e strumentalizzazione militare ai quali Teheran no ha accesso a causa dell’embargo dell’ONU. Paga convincendo alcune ingenue cancelleria latinoamericane le quali fanno pressione su Israele riconoscendo uno Stato palestinese che ancora non esiste e il cui presunto territorio è diviso tra due gruppi che si uccidono a vicenda ogni volta che è loro possibile: Hamas a Gaza e Fatha nell’antica Cisgiordania.
Il Brasile completa il cerchio. Se l’attuale presidente percorre il cammino tracciato da Lula da Silva, il Brasile cercherà di diventare il maggior potere regionale latinoamericano e occupare così uno spazio permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, forse insieme all’India, che ha la stessa aspirazione e cioè rompere il monopolio stabilito dopo la Seconda Guerra dalle cinque potenze di allora.
A questo scopo, Itamaraty, la cancelleria brasiliana, non vuol essere la sucursale degli Stati Uniti in Sudamerica, bensì convertirsi in un potere regionale indipendente, di sinistra, incarnato nel sistema di alleanze con il Terzo Mondo, capace di mostrarsi molto inquieto per la collaborazione militare tra Washington e la Colombia, però silente e compiacente verso la presenza militare iraniana e basi missilistiche istallate in Venezuela.
Questa presenza militare iraniana in Sudamerica ha già un preventivo, un nome e cognome. Lo ha rivelato in Argentina il giornalista Pepe Eliashev dopo aver messo a confronto fonti di intelligence normalmente fidate. Teheran dedicherà 4.500 milioni di dollari per consolidare la sua influenza in America Latina. Le operazioni saranno a carico delle Forze Quds di azioni speciali. Cosa guadagna l’Iran con la sua presenza sul suolo americano? Molto semplice: lo scopo è rispondere dall’America latina a qualsiasi attacco che possa subire l’Iran nel suo territorio. E’ il classico scontro di treni. E’ facilmente prevedibile. Quello che non si capisce è la bovina passività dei governi democratici latinoamericani di fronte al conflitto nel quale stanno trascinando il Continente. Non c’è in giro nessuna voce sensata che dia l’allarme?

Leave a Reply